Imago Civium è una mostra che non potete perdere

Post originariamente pubblicato su fotoreportando

Io e Marco ci conosciamo dai tempi di photo4u, dove entrambi animavamo soprattutto le sezioni street e reportage. Quella conoscenza virtuale è poi diventata di persona, un incontro avvenuto a Milano con occasione di un paio di workshop che realizzai nel capoluogo Meneghino. Tra noi c’è da sempre stima reciproca e, posso dire, amicizia. Oltre a questo, io credo, una comunione di idee sulle cose importanti, intendo dire umanità ed empatia sociale. Ed è per questo che quando Marco mi ha chiesto di scrivere un pezzo che presentasse la sua mostra fotografica ho accettato con entusiasmo. Adesso che la mostra è lanciata ufficialmente, mi sembra giusto condividere qui quanto ho scritto, con la raccomandazione di non lasciarvela scappare.

La mostra “Imago Civium” di Marco Rilli
Testo di Alex Coghe


Il ritratto non è mai una superficie neutra.
È un chiaro atto di presenza, un incontro che lascia un documento.
Guardare un volto significa riconoscerne l’esistenza, accettare la sua irriducibile singolarità. Ma il ritratto non
racconta solo la persona davanti all’obiettivo: ci parla anche del fotografo autore, di chi guarda, di chi decide di
concedere tempo, attenzione, dignità a quell’immagine.
In “Imago Civium” i cittadini si presentano di fronte a uno sfondo bianco, privi di ogni contesto, senza
scenografie che li proteggano o li giustifichino. È in questa sottrazione che il progetto trova la sua forza. Nessuna
distrazione, nessun dettaglio ornamentale: resta solo la persona, nella sua nuda evidenza. E ogni persona, qui, ha
lo stesso peso. Lo stesso valore.
Una scelta questa che non è assolutamente nuova: tanti grandi fotografi in passato hanno deciso di proporre
soggetti con un fondo bianco o neutro. Vengono alla mente Richard Avedon, Irving Penn, Thomas Ruff e Oliviero
Toscani.
Il ritratto diventa, dunque, uno strumento di parità.
Una livella che azzera differenze apparenti per restituire a ciascuno la dignità di esistere nello sguardo comune. Lo
sfondo bianco non cancella, ma unisce: diventa il terreno condiviso su cui ogni volto si staglia e prende forma,
senza gerarchie, senza confini.
Questa raccolta di ritratti è un atto civile. Perché il tempo che viviamo tende a spingerci nella direzione opposta: a
separare, dividere, diffidare. La narrazione dominante ci ripete che l’incontro tra culture è una minaccia, che
l’altro è pericolo, che la diversità è un difetto da correggere. È la voce di una politica che vorrebbe riportarci
indietro, che già ci ha riportati indietro, che affonda le mani nel rancore per negare i diritti fondamentali
dell’uomo.
Lavori come questo resistono. Sono piccole dighe che si oppongono al fiume nero dell’intolleranza.
E hanno il potere, semplice e diretto, di ricordarci un’evidenza che troppi fingono di dimenticare: la comunità non
esiste senza le differenze che la compongono.
Cologno Monzese è un caso emblematico: una città che deve la sua identità a ondate migratorie, prima interne poi
internazionali. Negli anni Sessanta, il “meridionale” era percepito come estraneo. Oggi lo stesso meccanismo si
ripete con chi arriva da altre parti del mondo. Ma ciò che allora sembrava minaccia si è trasformato in risorsa, in
ricchezza culturale, in energia vitale. È lo stesso destino che ci attende se sapremo guardare i volti di oggi senza
paura.
Il ritratto è memoria.
Ogni fotografia conserva un frammento di identità che si intreccia con le altre, costruendo il mosaico del presente.
Guardare questi volti significa custodire la storia collettiva di una città, impedire che venga riscritta solo dai
vincitori, solo da chi alza muri.
Il ritratto è comunità.
Perché ci restituisce la misura esatta di ciò che siamo insieme e dove stiamo andando. Nessuno di noi è isola. Non
c’è “io” senza un “noi”. E il “noi” non è mai uniforme, non è mai monocromatico: vive di sfumature, accenti,
provenienze, memorie che si mescolano e che ci permettono di riconoscerci in qualcosa di più grande.
Il ritratto è resistenza.
In un’epoca che riduce le persone a numeri, target, categorie, qui restano i volti. La pelle, gli occhi, il sorriso o la
fatica. È una forma di lotta contro la disumanizzazione, un modo per riaffermare che l’essere umano non si misura
in statistiche, ma nello sguardo che porta con sé.
“Imago Civium” non offre soluzioni né proclami.
Offre volti. Ci chiede di guardarli. E di riconoscere che, guardandoli, guardiamo noi stessi.


Alex Coghe

IMAGO CIVIUM

Mostra fotografica di Marco Rilli

a cura del comune di Cologno Monzese

Inaugurazione 4 Ottobre 2025 ore 15.00

Sala mostre R. Crippa – Villa Casati

Ingresso libero

https://www.instagram.com/marcorilli/

https://www.instagram.com/imagocivium/

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